Exoptans
Sembra il nome di una medicina.
Significa: colui che desidera intensamente.
Molti dovrebbero prendere medicine per tornare a desiderare.
Io desidero essenzialmente relazione.
Il desiderio è relazione.
Ma dentro la relazione...cosa si vive?
Non so cosa...so per certo che fuori non c'è vita.
Il che fa capire quanta parte della vita in realtà non viviamo affatto!
Tutta la poesia vive di questo.
mercoledì 30 gennaio 2008
sabato 26 gennaio 2008
Oralità e scrittura
Rileggevo proprio oggi il libro dell’antropologo Walter Ong: "Oralità e scrittura",
pensavo a come l’utilizzo della voce comporta un alto grado di coinvolgimento fisico ed emotivo. Ong ripercorre la storia del processo di alfabetizzazione a partire dall’ebraico, una lingua con alfabeto consonantico e sillabario ridotto, fino all’introduzione delle vocali che caratterizzerà l’alfabeto completo inventato dai greci. Questo favorì la crescita del pensiero analitico e intellettuale, nonché la concezione della parola come cosa e non più come evento. Interezza, spazialità e ordine sono concetti che la scrittura, con la sua presenza totalizzante, ha notevolmente rafforzato. L’oralità può essere concepita in quest’ottica, come un evento che si compie e svanisce lasciando soltanto il ricordo di ciò che è stato, e la parola orale come sostanza indefinibile, incapace di lasciarsi imbrigliare in una forma chiusa, soggetta a tutte le sollecitazioni del contesto sociale ove si compie...
Se, come sostiene Ong, la società orale tende all’estroversione e la società scritta all’introversione...
pensavo a come l’utilizzo della voce comporta un alto grado di coinvolgimento fisico ed emotivo. Ong ripercorre la storia del processo di alfabetizzazione a partire dall’ebraico, una lingua con alfabeto consonantico e sillabario ridotto, fino all’introduzione delle vocali che caratterizzerà l’alfabeto completo inventato dai greci. Questo favorì la crescita del pensiero analitico e intellettuale, nonché la concezione della parola come cosa e non più come evento. Interezza, spazialità e ordine sono concetti che la scrittura, con la sua presenza totalizzante, ha notevolmente rafforzato. L’oralità può essere concepita in quest’ottica, come un evento che si compie e svanisce lasciando soltanto il ricordo di ciò che è stato, e la parola orale come sostanza indefinibile, incapace di lasciarsi imbrigliare in una forma chiusa, soggetta a tutte le sollecitazioni del contesto sociale ove si compie...
Se, come sostiene Ong, la società orale tende all’estroversione e la società scritta all’introversione...
lunedì 21 gennaio 2008
Impossibile non comunicare
Secondo Paul Watzlawick
ogni essere vivente comunica nel momento stesso in cui è sensibile all'ambiente circostante.
Sia le parole, i gesti o i silenzi hanno il valore di un messaggio, di conseguenza sussiste l'impossibilità di non-comunicare.
Roman Jakobson descrive in questo modo il processo di comunicazione:
«Il mittente invia un messaggio al destinatario. Per essere operante, il messaggio richiede in primo luogo il riferimento a un contesto…, contesto che possa essere afferrato dal destinatario, e che sia verbale o suscettibile a verbalizzazione;
in secondo luogo esige un codice interamente, o almeno parzialmente, comune al mittente e al destinatario (o in altri termini al codificatore e al decodificatore del messaggio); infine un contatto, un canale fisico e una connessione psicologica fra il mittente e il destinatario, che consenta loro di stabilire e mantenere la comunicazione».
Mai camminato per una land deserta?
Mi sentito quella sensazione di noia, quando sei nel Metaverso e nessuno dei tuoi amici ti manda un im?
Mai stato in mezzo a 20avatar senza parlare?
Mai provato a scegliere di stare zitto?
Mai provato a star zitto e a dar voce al tuo corpo di pixel?
Io si.
Scegliere di non comunicare in nessuno modo è la peggior sensazione di repressione, di chiusura, di darkness che si possa vivere nel Metaverso...
E' andare contro natura, è remare contro alla socialità, alla prossimità seppur in pixel...
Devo ammettere che in voice la comunicazione si vela di una sorta di non verbale dato dall'intonazione, dal ritmo, dalla cadenza che esprime gli stati interni legati a una comunicazione all'interno di un incontro.
Mai provato in chat a essere fraintesi?
Se non aggiungi la classica faccina ;), stai pur certo che "la persona" che hai di fronte si rivelerà come il più permaloso mai nato.
E poi ci son le comunicazioni fatte via im, soprattutto quelle fatte con i nostri amici più stretti, intimi...e li, la scoperta.
Due punti di sospensione in più, una pausa prolungata a rispondere e nella mente dell'altro si creano costellazioni sul nostro stato alterato di benessere socio-psichico.
impossibile non comunicare, impossibile non dis-comunicare
una vertiginosa evolutiva spirale...
bla, bla, bla...
giovedì 17 gennaio 2008
Ho incontrato nel Metaverso Onorico il mio mentore sui mondi on line...
Dopo un log-out, nella mente rimane una traccia mnestica del vissuto reale di quella serata "assaporata" con gli amici su Vulcano...
Mi chiedo: "Davvero Zhora clicca Quit?"
Spiegatemi perché appena "abbraccio Morfeo", il mio Metaverso preferito, mi sogno di nuovo scene di eventi, persone, scambi verbali, emozioni vissute in-world.
Open direbbe: Zhora classificata come immersivista. Quotiamo Open e andiamo oltre.
Metanalisi:
Zhora sogna solo in-world? mono-sogno
Zhora sogna anche dopo il log out da SL? bi-sogno
Zhora non fa mai log out...perchè in ogni realtà può scovare il Metaverso,...
Mi chiedo: "Davvero Zhora clicca Quit?"
Spiegatemi perché appena "abbraccio Morfeo", il mio Metaverso preferito, mi sogno di nuovo scene di eventi, persone, scambi verbali, emozioni vissute in-world.
Open direbbe: Zhora classificata come immersivista. Quotiamo Open e andiamo oltre.
Metanalisi:
Zhora sogna solo in-world? mono-sogno
Zhora sogna anche dopo il log out da SL? bi-sogno
Zhora non fa mai log out...perchè in ogni realtà può scovare il Metaverso,...
Ho Bisogno di un Sogno...o Bi-Sogno?
Ieri metaragionavo nel mio cubo 10X10 a LipariX, dopo i vari deliri di onnipotenza con l’edit aperto e una lunga e piacevole chiacchierata con Phill, ho ripensato a un tag letto mesi fa, sulla testolina di un avatar: SL è il mio sogno.
Ricordo di aver mandato un im chiedendo: “SL è il tuo sogno o il tuo bi-sogno?” E nella mia testa si son affollate tre parole: bisogno, sogno e bi-sogno…
Quanto alla mia vita in-world credo sia:
un bi-sogno come il volo di Icaro,
un bi-sogno di eterna infanzia vissuta sull’isola "che non c’è" di Peter Pan,
un bi-sogno di guardare il mondo con un’altra prospettiva come fa Amèlie,
un bi-sogno di cercare sempre il lato positivo delle cose come farebbe Pollyanna,
un bi-sogno dell’eternità della vita di Highlander,
un bi-sogno dell’impronta umana su Marte magari con un teleport,
un bi-sogno di sentirsi belli e forti come bronzi di Riace o perfette come Narciso,
un bi-sogno di manipolazione del reale di Matrix…
o un sogno onirico (bisogno inconscio?!?) di Alice nel Paese delle Meraviglie (la mia fiaba preferita),
un bi-sogno di viaggiare come Gulliver in mondi esageratamente piccoli e abnormi, come quelli visitati nella land dei Greenie Inavasion,
un bi-sogno delle prodezze magiche di Harry Potter e compagni, che si visualizzano già solo vedendo i cristalli bianchi uscire dalla mano mentre fai clic su “create”...
Ma quello che ci governa da sempre, infine, è il bi-sogno di essere se stessi.
Ma nel Metaverso è possibile “spogliarsi” dei ruoli sociali del mondo fisico, che si impongono ad ogni suono di sveglia al mattino?
Second Life, come mondo on line, può essere considerato qualcosa che in un certo qual modo compensa alcuni bi-sogni ed è esso stesso un attivante di bi-sogni.
Ma certi filoni di finto perbenismo sembrano dipingere Second Life come la mano del demonio…Second Life è schernita soprattutto da chi non l’ha mai neppure affrontata e si è accontentato di resoconti spesso scritti suoi quotidiani, da giornalisti, che a loro volta, non l'hanno saggiata in prima persona (specialmente non testandone le potenzialità creative, collaborative, relazionali, costruttive, didattiche), ritenendo che il nuovo mondo on line 3D sia soltanto un gioco di perdizione dedicato a chi è incapace di vivere nel mondo fisico, o definito “da loro”: la vita reale, la prima...
Ricordo di aver mandato un im chiedendo: “SL è il tuo sogno o il tuo bi-sogno?” E nella mia testa si son affollate tre parole: bisogno, sogno e bi-sogno…
Quanto alla mia vita in-world credo sia:
un bi-sogno come il volo di Icaro,
un bi-sogno di eterna infanzia vissuta sull’isola "che non c’è" di Peter Pan,
un bi-sogno di guardare il mondo con un’altra prospettiva come fa Amèlie,
un bi-sogno di cercare sempre il lato positivo delle cose come farebbe Pollyanna,
un bi-sogno dell’eternità della vita di Highlander,
un bi-sogno dell’impronta umana su Marte magari con un teleport,
un bi-sogno di sentirsi belli e forti come bronzi di Riace o perfette come Narciso,
un bi-sogno di manipolazione del reale di Matrix…
o un sogno onirico (bisogno inconscio?!?) di Alice nel Paese delle Meraviglie (la mia fiaba preferita),
un bi-sogno di viaggiare come Gulliver in mondi esageratamente piccoli e abnormi, come quelli visitati nella land dei Greenie Inavasion,
un bi-sogno delle prodezze magiche di Harry Potter e compagni, che si visualizzano già solo vedendo i cristalli bianchi uscire dalla mano mentre fai clic su “create”...
Ma quello che ci governa da sempre, infine, è il bi-sogno di essere se stessi.
Ma nel Metaverso è possibile “spogliarsi” dei ruoli sociali del mondo fisico, che si impongono ad ogni suono di sveglia al mattino?
Second Life, come mondo on line, può essere considerato qualcosa che in un certo qual modo compensa alcuni bi-sogni ed è esso stesso un attivante di bi-sogni.
Ma certi filoni di finto perbenismo sembrano dipingere Second Life come la mano del demonio…Second Life è schernita soprattutto da chi non l’ha mai neppure affrontata e si è accontentato di resoconti spesso scritti suoi quotidiani, da giornalisti, che a loro volta, non l'hanno saggiata in prima persona (specialmente non testandone le potenzialità creative, collaborative, relazionali, costruttive, didattiche), ritenendo che il nuovo mondo on line 3D sia soltanto un gioco di perdizione dedicato a chi è incapace di vivere nel mondo fisico, o definito “da loro”: la vita reale, la prima...
lunedì 14 gennaio 2008
Metateatro nel Metaverso...usando Metaversi
Malachi Mulligan wrote:
che forte 'sto metaverso, ma sai cosa ho pensato, che pyramid café: è il meta-meta verso, perchè un avatar può entrare dentro la "televisione" e rappresentare un altro soggetto vero.
Quindi un essere umano si rappresenta con un avatar nel metaverso che, a sua volta, si rappresenta con un altro avatar dentro pyramid.
terzo livello: virteatro
url teatro del metaverso: http://h.1asphost.com/Teatrosl/
slurl teatro del metaverso: http://slurl.com/secondlife/Mounford/195/26/56
slurl pyramid café: http://slurl.com/secondlife/Vulcano/52/16/726
Presto prenderò contatti con l'owner: 0Andre0 Barbosa e farò un giro per questa land.
Sono pronta al terzo livello!
che forte 'sto metaverso, ma sai cosa ho pensato, che pyramid café: è il meta-meta verso, perchè un avatar può entrare dentro la "televisione" e rappresentare un altro soggetto vero.
Quindi un essere umano si rappresenta con un avatar nel metaverso che, a sua volta, si rappresenta con un altro avatar dentro pyramid.
terzo livello: virteatro
url teatro del metaverso: http://h.1asphost.com/Teatrosl/
slurl teatro del metaverso: http://slurl.com/secondlife/Mounford/195/26/56
slurl pyramid café: http://slurl.com/secondlife/Vulcano/52/16/726
Presto prenderò contatti con l'owner: 0Andre0 Barbosa e farò un giro per questa land.
Sono pronta al terzo livello!
sabato 12 gennaio 2008
11 gennaio 2008 SL: PYRAMIDCAFE' - Sentire gli altri dentro di sé
L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
L'appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
Uomini
uomini del mio passato
che avete la misura del dovere
e il senso collettivo dell'amore
io non pretendo di sembrarvi amico
mi piace immaginarela forza di un culto così antico
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo ci fosse un po' della mia vita
ma piano piano il mio destino
é andare sempre più verso me stesso
e non trovar nessuno.
L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenzaè avere gli altri dentro di sé.
L'appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E' quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell'aria più vitale che è davvero contagiosa.
Uomini
uomini del mio presente
non mi consola l'abitudine
a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.
L'appartenenzanon è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
L'appartenenza
è un'esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.
Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.
(G.Gaber : Canzone dell'appartenenza - Album: La mia generazione ha perso - 2001)
11gennaio ore 3,30 pm
Ciao,
dopo mesi di SL, di Vulcano, di Pyramid Café incomincio a sentire “gli altri” cioè voi residenti di Vulcano, come parte di me, amici…
Molti eventi abbiamo vissuto, molti ci aspettano, come questa serata di inaugurazione a Pyramid Café…e nelle molte riunioni, incontri, pause caffè ho sentito crescere il desiderio di fare spazio nel mio cuore a voi.
Ormai si “mescola e rimescola” questo io e voi in me…posso dire: noi.
Parlare di una noità è un sogno che va continuamente alimentato nelle reti di relazioni speciali, che ho con ognuno di voi, con tutte quelle che sono state, sono e saranno…
Ora apro l’inventory, cerco pyramid staff badges e clicco su wear.
Worn, Pyramid Café noi ci siamo!
12gennaio ore 6,30 am
Ciao pyramid café, ti saluto mentre il Vulcano erutta gli ultimi lapilli…è stata un bella maratona, si è corso molto…compatti e verso il bene comune…giocandoci nel metaverso, inventandosi sempre nuovi sé, lasciando fluire l’emisfero destro, quello che desideriamo essere in quell’istante…”nella scatola del mondo io tu per cui la quale, cicale cicale cicaleee”.
Pyramid Café, comunità tutta di Vulcano siete reali, perché realtà significa semplicemente relazione…
Noi ci apparteniamo e questo pezzo, questo desiderio di Gaber si realizza su Vulcano… GRAZIE!
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
L'appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
Uomini
uomini del mio passato
che avete la misura del dovere
e il senso collettivo dell'amore
io non pretendo di sembrarvi amico
mi piace immaginarela forza di un culto così antico
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo ci fosse un po' della mia vita
ma piano piano il mio destino
é andare sempre più verso me stesso
e non trovar nessuno.
L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenzaè avere gli altri dentro di sé.
L'appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E' quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell'aria più vitale che è davvero contagiosa.
Uomini
uomini del mio presente
non mi consola l'abitudine
a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.
L'appartenenzanon è un insieme casuale di persone
non è il consenso a un'apparente aggregazione
l'appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
L'appartenenza
è un'esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.
Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.
(G.Gaber : Canzone dell'appartenenza - Album: La mia generazione ha perso - 2001)
11gennaio ore 3,30 pm
Ciao,
dopo mesi di SL, di Vulcano, di Pyramid Café incomincio a sentire “gli altri” cioè voi residenti di Vulcano, come parte di me, amici…
Molti eventi abbiamo vissuto, molti ci aspettano, come questa serata di inaugurazione a Pyramid Café…e nelle molte riunioni, incontri, pause caffè ho sentito crescere il desiderio di fare spazio nel mio cuore a voi.
Ormai si “mescola e rimescola” questo io e voi in me…posso dire: noi.
Parlare di una noità è un sogno che va continuamente alimentato nelle reti di relazioni speciali, che ho con ognuno di voi, con tutte quelle che sono state, sono e saranno…
Ora apro l’inventory, cerco pyramid staff badges e clicco su wear.
Worn, Pyramid Café noi ci siamo!
12gennaio ore 6,30 am
Ciao pyramid café, ti saluto mentre il Vulcano erutta gli ultimi lapilli…è stata un bella maratona, si è corso molto…compatti e verso il bene comune…giocandoci nel metaverso, inventandosi sempre nuovi sé, lasciando fluire l’emisfero destro, quello che desideriamo essere in quell’istante…”nella scatola del mondo io tu per cui la quale, cicale cicale cicaleee”.
Pyramid Café, comunità tutta di Vulcano siete reali, perché realtà significa semplicemente relazione…
Noi ci apparteniamo e questo pezzo, questo desiderio di Gaber si realizza su Vulcano… GRAZIE!
venerdì 11 gennaio 2008
La pluriappartenenza
Una volta quando si domandava a qualcuno di dire chi fosse, abitualmente ci si sentiva rispondere: "sono un medico". Il mestiere dava un’identità.
Oggi, con la mobilità del lavoro, l’identità non è più data dal mestiere. Un medico può infatti dedicarsi alcuni anni alla chirurgia e poi passare a lavori dirigenziali o amministrativi nell’ospedale. Non dice più “sono un medico”, ma “faccio il medico”.
Una volta le persone vivevano in un ambiente omogeneo, come spazio, come relazioni, come interessi. Oggi le comunicazioni, i viaggi, gli ambienti di partecipazione sono estremamente diversificati e si succedono in maniera quasi simultanei, sovrapposti l’uno all’altro in una crescente complessificazione. L’identità non è più data da un mondo di appartenenza.
E l’identità dove è andata a finire? Non è, l’identità, il frutto della coerenza dei valori e delle scelte? L’assimilazione delle differenti esperienze attorno a un nucleo essenziale unitario? Ciò che rimane al di là delle relazioni che costituiscono la nostra esistenza?
Il grande sociologo Z.Bauman ha coniato l’espressione “identità liquida” a indicare la caratteristica principale dell’uomo nell’era post-moderna. Da un individuo con una identità stagliata, forte, definita spesso dalla società, si sta passando a un individuo che “spalma” la propria identità su una pluralità di dimensioni e di appartenenze. Il sociologo vede in questo passaggio delle potenzialità ma soprattutto dei rischi di quella che Durkheim chiamava “anomia”, esattamente una crisi identitaria, l’incapacità cioè di rispondere alla domanda fondativi della vita umana: <<Io, chi sono?>>.
Oggi, con la mobilità del lavoro, l’identità non è più data dal mestiere. Un medico può infatti dedicarsi alcuni anni alla chirurgia e poi passare a lavori dirigenziali o amministrativi nell’ospedale. Non dice più “sono un medico”, ma “faccio il medico”.
Una volta le persone vivevano in un ambiente omogeneo, come spazio, come relazioni, come interessi. Oggi le comunicazioni, i viaggi, gli ambienti di partecipazione sono estremamente diversificati e si succedono in maniera quasi simultanei, sovrapposti l’uno all’altro in una crescente complessificazione. L’identità non è più data da un mondo di appartenenza.
E l’identità dove è andata a finire? Non è, l’identità, il frutto della coerenza dei valori e delle scelte? L’assimilazione delle differenti esperienze attorno a un nucleo essenziale unitario? Ciò che rimane al di là delle relazioni che costituiscono la nostra esistenza?
Il grande sociologo Z.Bauman ha coniato l’espressione “identità liquida” a indicare la caratteristica principale dell’uomo nell’era post-moderna. Da un individuo con una identità stagliata, forte, definita spesso dalla società, si sta passando a un individuo che “spalma” la propria identità su una pluralità di dimensioni e di appartenenze. Il sociologo vede in questo passaggio delle potenzialità ma soprattutto dei rischi di quella che Durkheim chiamava “anomia”, esattamente una crisi identitaria, l’incapacità cioè di rispondere alla domanda fondativi della vita umana: <<Io, chi sono?>>.
giovedì 10 gennaio 2008
Chi sei?
Cos'è la nostra identità?
Essa è tutto ciò che caratterizza ciascuno di noi come individuo singolo e inconfondibile. E' ciò che impedisce alle persone di scambiarci per qualcun altro.
Così come ognuno ha un'identità per gli altri, ha anche un'identità per sé. Quella per gli altri è l'identità oggettiva, l'identità per sé è l'identità soggettiva.
L'identità soggettiva è l'insieme delle mie caratteristiche così come io le vedo e le descrivo in me stesso.
L'identità oggettiva di ciascuno, ossia la sua riconoscibilità, si presenta secondo tre principali modalità:
La prima modalità è l'identità fisica: questa è data soprattutto dalle caratteristiche della faccia, le quali ci permettono di non esser confusi con un'altra persona.
La seconda modalità è l'identità sociale, ossia un insieme di caratteristiche quali l'età, lo stato civile, la professione, il livello culturale e l'appartenenza ad una certa fascia di reddito.
La terza modalità è l'identità psicologica, ovvero la mia personalità, lo stile costante del mio comportamento. Alcuni aspetti dell'identità cambiano più facilmente di altri.
L'identità sociale può cambiare rapidamente: se, ad esempio, un funzionario di banca va in pensione e si trasferisce in campagna, ecco che la sua identità sociale è cambiata ed egli non è più il tale funzionario benestante e abitante in città, ma è il tal'altro pensionato, solerte proprietario di un piccolo orto.
L'identità fisica invece cambia gradatamente. E' probabile che a sessant'anni abbia più o meno la stessa faccia di dieci anni prima, anche se potrei avere una faccia alquanto diversa rispetto a trenta o quarant'anni prima.
L'identità psicologica è una tema molto interessante e anch'essa cambia piuttosto poco: ognuno ha una sua personalità, vale a dire una certa intelligenza, determinate attitudini e specifici tratti del carattere. La personalità dipende, in gran parte, da fattori genetici e assume caratteristiche stabili durante l'infanzia...
Essa è tutto ciò che caratterizza ciascuno di noi come individuo singolo e inconfondibile. E' ciò che impedisce alle persone di scambiarci per qualcun altro.
Così come ognuno ha un'identità per gli altri, ha anche un'identità per sé. Quella per gli altri è l'identità oggettiva, l'identità per sé è l'identità soggettiva.
L'identità soggettiva è l'insieme delle mie caratteristiche così come io le vedo e le descrivo in me stesso.
L'identità oggettiva di ciascuno, ossia la sua riconoscibilità, si presenta secondo tre principali modalità:
La prima modalità è l'identità fisica: questa è data soprattutto dalle caratteristiche della faccia, le quali ci permettono di non esser confusi con un'altra persona.
La seconda modalità è l'identità sociale, ossia un insieme di caratteristiche quali l'età, lo stato civile, la professione, il livello culturale e l'appartenenza ad una certa fascia di reddito.
La terza modalità è l'identità psicologica, ovvero la mia personalità, lo stile costante del mio comportamento. Alcuni aspetti dell'identità cambiano più facilmente di altri.
L'identità sociale può cambiare rapidamente: se, ad esempio, un funzionario di banca va in pensione e si trasferisce in campagna, ecco che la sua identità sociale è cambiata ed egli non è più il tale funzionario benestante e abitante in città, ma è il tal'altro pensionato, solerte proprietario di un piccolo orto.
L'identità fisica invece cambia gradatamente. E' probabile che a sessant'anni abbia più o meno la stessa faccia di dieci anni prima, anche se potrei avere una faccia alquanto diversa rispetto a trenta o quarant'anni prima.
L'identità psicologica è una tema molto interessante e anch'essa cambia piuttosto poco: ognuno ha una sua personalità, vale a dire una certa intelligenza, determinate attitudini e specifici tratti del carattere. La personalità dipende, in gran parte, da fattori genetici e assume caratteristiche stabili durante l'infanzia...
Il Respiro d'Ali nel Metaverso
Il respiro d’ali
è la sensazione
che si ottiene respirando a occhi chiusi,
pensando a un unicorno che dispiega le ali
nel cielo limpido con nuvole candide.
Tu sei il respiro d’ali,
un filo nero soffice come la lana
che è ciò che mi ispira il tuo nome…
Zhora respira lentamente e liberati nel cielo del metaverso...
è la sensazione
che si ottiene respirando a occhi chiusi,
pensando a un unicorno che dispiega le ali
nel cielo limpido con nuvole candide.
Tu sei il respiro d’ali,
un filo nero soffice come la lana
che è ciò che mi ispira il tuo nome…
Zhora respira lentamente e liberati nel cielo del metaverso...
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